Vagando in rete, mi sono imbattuto poco fa nel blog “DelleFragiliCose” ove, tra (condivisibili) discorsi di politica e (divertenti) divagazioni su Lapo Elkann, l’autore affronta il tema del software libero. Anzi, mi sembra di capire che il tema dell’opensource, affrontato in risposta ad un post di Beppe Grillo, sia stato proprio il pretesto che lo ha spinto a lanciare il suo blog.

In sintesi, DelleFragiliCose (che proprio per la loro dichiarata fragilità temo si siano ormai rotte) se la prende con il Grillone Nazionale in relazione alla sua ultima crociata, lanciata questa volta a favore del software OpenSource nella Pubblica Amministrazione.
Lo fa affermando che Grillo, nel suo post nel quale sostiene che la Pubblica Amministrazione per risparmiare debba scegliere soluzioni Open Source, pecchi di populismo. A tal proposito, a mio giudizio è opportuno fare delle considerazioni di metodo e delle considerazioni di merito.

Per quanto riguarda il metodo, NelleFragiliCose ha fatto due errori madornali:

  • se la è presa con Beppe Grillo, ormai promosso a Guru Nazionale dei buoni principi e delle cause perse (!), e quindi automaticamente infallibile in temi riguardanti la tecnologia, la tecnica, l’economia, la finanza, la cura della calvizie e la coltivazione dei gerani;
  • non ha parlato bene di Linux (che è diverso dal dire che ne ha parlato male!), suscitando la jihad dei “linuxari” nostrani.
    Queste due cose bastano per classificarlo tra i “pericolosi provocatori”.

Per quanto riguarda il merito, ha semplicemente fatto notare come asserire che grazie al software OpenSource “Le applicazioni software della Pubblica amministrazione non costeranno più niente” equivalga a fare una cattiva, anzi pessima informazione, populista e demagogica. Cosa che mi trova assolutamente d’accordo (avrà mai sentito parlare, il buon Grillo, del concetto del Cost of Ownership?).

Al di là però delle considerazioni che si potrebbero fare in merito ai fondamentalismi informatici (e quello di Linux è uno dei più vivi, nel bene e nel male: le reazioni al succitato post lo dimostrano abbondantemente) ritengo sia estremamente interessante notare come, quando si parla del problema connesso alle scelte tecnologiche, si tenda sempre a tentare di sbrogliare la matassa a partire dal capo sbagliato del filo.

Meglio linux o windows? PC o Mac? Bho… dipende…

Non si può affrontare un discorso serio, in questo ambito, senza tener ben presente il contesto nel quale le tecnologie verranno applicate. Fare innovazione tecnologica, in una pubblica amministrazione come in un’azienda, non passa dall’implementazione dell’ultima tecnologia disponibile, ma dall’analisi delle condizioni di riferimento. Ma questo discorso non piace né ai responsabili dei sistemi informativi, che in tal modo dovrebbero ammettere una dipendenza dai processi aziendali, né ai responsabili di tali processi, che in tal modo sarebbero costretti a pensare come gestirli.
In conclusione: un po’ tutti pensano che la tecnologia possa risolvere i problemi dell’organizzazione, con il risultato che invece di affrontare seriamente il discorso inerente la scelta tecnologica, tutti si accapigliano per dire che questo è meglio di quello e peggio di quell’altro, senza sapere a cosa ci si riferisca in realtà…

Pensare l’innovazione tecnologica a partire dalla tecnologia equivale a sperare che la Ferrari vinca il Gran Premio infilando a forza il motore nel cockpit del pilota. La tecnologia è senz’altro motore dell’innovazione, ma non può esserne pilota.

Le aziende che lo hanno sperato, sono ancora a leccarsi le ferite.
Quando non hanno già chiuso i battenti…