Eh si… il tema mi sta a cuore.

Quindi, dopo il post ispirato da Delle Fragili Cose (il quale è tornato tranquillamente a parlare di argomenti a lui cari, e per sua fortuna allegramente lontani dalle tecnologie), io sono ancora qui a rimuginare delle questioni che riguardano la scelta tecnologica… e penso ai “Grandi” dell’IT, ed a quello che hanno detto in passato…

Nicholas Negroponte, uno dei più noti Guru che il mondo dell’Information & Communication Technology conosca, ben oltre vent’anni fa ebbe a dire che nel 2000 avremmo tutti lavorato in uffici senza carta. Bill Gates circa quindici anni fa affermò con la sua consueta sicurezza (i maligni parlano di prosopopea…) che la rete internet non avrebbe avuto futuro.

E l’elenco potrebbe continuare.

Ma ora eccoci qui, a fine 2006, con uffici che traboccano carta da ogni angolo e con connessioni Internet mai abbastanza veloci, visto l’uso sempre maggiore che si fa della dell’ormai indispensabile rete delle reti. Tutti sbagliano, e tutti possono sbagliare, è vero. Ma quando a sbagliare sono i guru dell’I&CT qualche considerazione è d’obbligo:

  • Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. In linea di principio, in questo campo, mai fidarsi completamente degli esperti, dei guru, dei “visionari” o sedicenti tali, anche se accreditati da pomposi titoli accademici o se dotati di impressionanti cariche scritte in corsivo sotto il nome nel biglietto da visita.
  • Nell’Information & Communication Technology i processi di sviluppo non sono sempre e del tutto lineari. Gli “strateghi” dell’e-business non possono limitarsi a prevedere le evoluzioni del mercato ma devono anticiparne le sorprese. Ciò – inevitabilmente – porta a qualche anticipazione che definire inesatta potrebbe essere al più un eufemismo.
  • Parafrasando un noto poeta, l’e-business conosce ragioni che la ragione non conosce e – aggiungo io – le ragioni dell’e-business spesso sono molto meno tecnologiche di quanto non si possa pensare. L’e-Business – prima che di tecnologie – è fatto di persone. E ciò influisce in maniera determinante sul suo sviluppo.

E le aziende?
Le aziende, naturalmente, abbozzano. In molti casi non possono che fidarsi dell’esperto di turno che propugna lo sviluppo di una nuova applicazione che – assicura – rivoluzionerà letteralmente la propria attività, le modalità di lavoro del personale, la vita delle persone. Ed è pronto a difendere le sue teorie con complessi ed astrusi studi (sempre e solo citati, naturalmente). E le aziende investono in consulenze, modelli, applicazioni, tecnologie. Salvo poi rendersi conto – magari un po’ troppo tardi – che l’investimento si è rivelato una perdita secca. Di tempo, di soldi, di fiducia.
Le motivazioni sono numerose, ma è evidente come ciò avvenga in maniera direttamente proporzionale all’incidenza del fattore umano rispetto a quello tecnologico. In altre parole, i fallimenti che spesso le aziende vivono nell’implementazione di sistemi orientati all’e-business, soventemente non derivano tanto dall’inadeguatezza delle tecnologie, quanto piuttosto dalla resistenza delle persone, che tali tecnologie dovrebbero adottarle. Per cambiare un processo dal punto di vista tecnologico è sufficiente sostituire o implementare un software, dal punto di vista umano è necessario agire sulla testa delle persone, sui comportamenti, sulle abitudini.

Marzullescamente, verrebbe da dire che la domanda sorge spontanea: ma sono le tecnologie che devono supportare le aziende oppure è il contrario?

…bha…