Mario Tedeschini Lalli, nel suo blog Giornalismo D’altri, ci racconta come negli Stati Uniti molti quotidiani stiano letteralmente rivoluzionando le redazioni ed i processi operativi che esse sottendono. Parla – ed a ragione – di una vera e propria “rivoluzione”, che ha portato (ad esempio) un’azienda del calibro della Garnet (USAToday, tanto per fare un nome) ad operare in base ad un concetto di “audience aggregation” e di “information center”. In sostanza, nel modello organizzativo proposto da Craig Dubow (DG di Garnet) non esistono più le “redazioni di canale” (economia, sport, ecc…) dedicate a medium specifici, ma dei nuclei di elaborazione dell’informazione, che operano contestualmente per i diversi media (cartaceo, internet, pda, ecc…) in un’ottica completamente cross channel.

Un’ottima descrizione dei motivi che hanno spinto alla scelta di tale modello è riportata nel sito di PointerOnLine: “The Information Center works by focusing on gathering news and information in multiple media for rapid digital dissemination rather than solely building a newspaper every day. The key is redeploying our resources to gather, process and publish news and information on a multitude of platforms focused on community needs and involvement“.

Un’innovazione radicale non soltanto nel modo di realizzare un giornale, ma anche nel modo di concepirlo, rispetto al ruolo del lettore e di ciò che da esso il lettore può e deve pretendere. Un approccio che vede la realtà editoriale divenire un punto di riferimento che va al di là della dimensione “quotidiana” del giornale, ma che diviene uno strumento pensato per seguire ed assistere quello che non è più un semplice “lettore”, ma si trasforma in “utente” di un servizio di information delivery. Servizio concepito per seguire l’utente nel corso della sua giornata. Senz’altro la mattina in edicola, ma anche e soprattutto durante il giorno, utilizzando i diversi strumenti che contribuiscono a costituire quello che potremmo definire l’ecosistema mediale dell’utente.

Ma tutto ciò, che impatto potrebbe avere nel nostro paese?
Quello che ho qui definito “Ecosistema Mediale” dalle nostre parti preferiamo chiamarlo “dieta mediale”, e come spiega Massimo Mantellini su Punto Informatico, ce ne parla il sesto Rapporto Censis sulla comunicazione. Una dieta abbastanza povera di sostanza nutritiva. Infatti secondo il Censis, che esprime il concetto in maniera più edulcorata della mia, più che di dieta mediale in Italia dovremmo parlare di vera e propria anoressia mediale, viste le tristi condizioni dei lettori nostrani.

Al di là della infima attitudine alla lettura di giornali, infatti, l’Italia spicca agli ultimi posti anche in termini di varietà di strumenti attraverso i quali il lettore si “nutre” di informazioni. Tanto per dare una idea: in Italia coloro i quali usano un solo mezzo di informazione sono il 10% della popolazione, contro il 2% dell’Inghilterra ed il 4% della Germania.

In questo contesto, nel nostro paese viene difficile pensare all’attuabilità di un approccio come quello che stanno seguendo alcune tra le più importanti testate giornalistiche statunitensi o anglosassoni, come il New York Times o il Daily Telegraph. Ma viene anche difficile pensare ad un’Italia che – anche soltanto rispetto alle modalità di accesso e fuizione del sistema dei media – riesca a stare al passo con gli altri paesi industrializzati.

Mentre in altri contesti si discute delle opportunità offerte da nuovi modelli organizzativi dei sistemi editoriali e di come stia cambiando il sistema dei media, dalle nostre parti l’attenzione è concentrata sulle liti tra Sgarbi e la Mussolini.

L’innovazione non ha esattamente terreno fertile, in queste condizioni…

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