piublog.jpgDomenica son stato invitato a partecipare alla sessione pomeridiana di un interessante convegno sul tema dei blog, ospitato dalla manifestazione Più Libri Più Liberi e organizzato da Marina Bellini di PiùBlog. A coordinare la sessione pomeridiana, alla quale ho preso parte, un impareggiabile Antonio Sofi; tra gli altri relatori Mauro Lupi, Antonio Paolini, Bruno Pellegrini.

Molte, e interessanti, le cose dette.
Ma mi ha stupito il modo in cui ho rubato prima un applauso alla platea e poi l’onore di venire citato in un colpo solo in ben tre blog di persone che stimo (in particolare, ha aperto le danze Mauro Lupi, affiancato da Carlo Felice e da Antonio Sofi). A meritare tanta attenzione un mio sfogo, nel momento in cui la povera Giulia Blasi – alla quale ho strappato letteralmente il microfono dalle mani, e me ne scuso! (sono un cafone!) – ha citato il termine “nuovi media” riferendosi ad Internet.

Mi sono chiesto, un po’ esasperato (ma l’esasperazione non era rivolta all’incolpevole Giulia, ci tengo a sottolinearlo!), quando la finiremo di definire Internet un “nuovo media”, visto che ormai ha da tempo superato la maggiore età! Anche perchè sono convinto del fatto che finchè considereremo Internet un nuovo media, faremo in modo che il mondo (e non solo quello dei media) continui a trattarlo come qualcosa di nuovo, e quindi sconosciuto, e quindi forse interessante ma forse pericoloso. Ed in sostanza continui a non comprenderlo appieno, nelle sue potenzialità e nelle sue sfumature.

Concordo in pieno con l’opinione di Mauro Lupi, che conclude il suo post dicendomi “Caro Epifani, mi sa che per alcuni internet rimarrà ‘new’ per sempre“, e lo dimostra un mio post di qualche giorno fa (Mauro, sempre del CNIPA si parlava, ahimè!). Ma penso che l’applauso e l’attenzione, in fondo, me li sia meritati per aver detto che il Re è nudo, ossia per aver detto una ovvietà.

A Mauro, Antonio, Carlo il prolema è ben noto. Ed è ben noto anche a quelli che hanno applaudito alla mia osservazione. Internet è ben lungi dall’essere una novità. Solo che spesso ce ne dimentichiamo, o per lo meno non diamo alla cosa il giusto peso. Internet non è più una novità, ma facciamo fatica (la Società – con la S maiuscola – fa fatica) ad interiorizzare questo fatto. Continuamo a voler considerare la Rete come qualcosa di nuovo, e non ci rendiamo conto che nuova, internet, non lo è più.

Ma il problema, in fondo, è più complesso. La Rete delle reti non è più qualcosa di nuovo, ma lo è ancora ai nostri occhi. E se non lo è ai nostri di occhi, che di internet ci occupiamo da qualche anno, lo è agli occhi della maggior parte dei suoi utenti, delle aziende, delle istituzioni.

Qualcuno mi ha accusato, per aver detto questo, di essere un qualunquista. Ebbene, se prendere atto di come internet sia ancora una realtà sconosciuta ai più vuol dire essere qualunquisti, allora non ho difficoltà ad ammettere di esserlo. Anzi, me ne vanto.

Ma ciòimplica un problema più profondo. Il problema – cui ho fatto un breve cenno nel convegno – di una società a due velocità. Una società fatta di persone che usano le reti consapevolmente e una società fatta di persone che le reti, pur usandole, le usano funzionalmente, senza comprenderne davvero gli impatti sul lavoro, sui processi aziendali, sulla vita delle organizzazioni e delle persone.

E finchè queste persone sono gli “utenti finali” poco male (forse, ma non ne sono così sicuro). Ma quando queste persone, come spesso accade nel nostro paese, appartengono alle istituzioni ed a quella “elite culturale” che dovrebbe guidare la società nella costruzione del sentire comune, allora il problema diviene decisamente più preoccupante.

Troppe volte ho sentito dire che per combattere il digital divide dovremo aspettare il “ricambio generazionale“. Al di là del fatto che in quella che si sta trasfromando in una società di ultraottuagenari il ricambio generazionale temo (o spero, nonno!) che tarderà a verificarsi, il vero problema sta nel fatto che non basta “fare largo ai giovani” (citazione da Fantozzi). I giovani vanno formati.

E questo ruolo non può che essere ricoperto da un sistema formativo efficace. Sarà il nostro sistema scolastico in grado di mettere i nostri ragazzi nelle condizioni di competere con quelli formati in altri, più dinamici Paesi?

Per fortuna sono quasi le due di notte… troppo tardi per dare una risposta…

.s.e.