In pieno fiorire della moda secondlifista (o secondlifiana?), nella quale sembra che la propria identità virtuale a volte si trovi a dover sopperire anche alle mancanze di quella reale, è importante non perdere di vista il fatto che – per quanto di moda – il fenomeno delle identità virtuali ha un grande impatto sociale ed è utile per comprendere alcune tendenze della società anche al di là dei suoi aspetti puramente “virtuali”. Secondo Castells, ad esempio, le nuove forme di interazione nell’epoca di Internet vanno inquadrate prestando attenzione a una tendenza evolutiva costituta dall’ascesa dell’individualismo.
Tale processo si concretizza nella transizione dalla comunità al network, inteso come la forma più importante di organizzazione delle interazioni. Già nel 2002 Castells ha asserito che “le comunità, almeno nella tradizione della ricerca sociologica, erano basate sulla condivisione di valori e di organizzazione sociale. I network sono costruiti attraverso scelte e strategie degli attori sociali, siano essi individui, famiglie o gruppi. Di conseguenza, la principale trasformazione delle società complesse si è verificata attraverso la sostituzione delle comunità spaziali con i network come forme prime di socialità“.
Partendo dall’assunto che il network sia una forma complessa che struttura le esperienze di socialità e l’organizzazione delle relazioni fra i soggetti, Barry Wellman nel 2002 ha proposto una rivisitazione del concetto di comunità.
Secondo Wellman, nelle società contemporanee le comunità si fondano su network di legami interpersonali intorno a cui si dispiegano la socialità e l’identità.
La connettività estesa e flessibile che caratterizza una simile configurazione relazionale, in cui le barriere sono permeabili e si ha la possibilità di passare senza interruzioni da un network ad un altro, è la ragione di una appropriazione personale delle dinamiche di relazione sociale.
Wellman si spinge al punto da disegnare una progressiva similitudine e ibridazione tra computer network e social network, dal momento che la complementarietà di network online e offline permette di gestire forme di relazione sociale sempre più particolari e specializzate, meno condizionate dai contesti formalizzati della real life.
Rispetto alla problematica dell’identità, l’individuo può così disporre di strumenti con cui esprimere le proprie esigenze di autorealizzazione e di espressione della propria personalità all’interno di configurazioni relazionali (i network) da sé stesso composte ed intorno ad esse organizzate. Su queste basi Castells sostiene: “L’individualismo in rete è un modello sociale, non è una raccolta di individui isolati. Piuttosto, gli individui costruiscono i loro network, online e offline, sulla base dei loro interessi, valori, affinità e progetti. […] Dato che le persone possono far parte senza problemi di numerosi network, gli individui tendono a sviluppare i loro “portafogli di socialità”, investendo in maniera differenziata, in momenti diversi, in un certo numero di reti con basse barriere d’ingresso e bassi costi di opportunità“.
La pervasività della mediazione tecnologica e la morfologia reticolare dei rapporti sociali sono due fattori che innescano un ribaltamento logico e terminologico: accanto alla sfera della realtà virtuale, Castells ha integrato la propria visione con il riconoscimento dell’esistenza di una virtualità reale.
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che dire …bentornato
adoro leggere post del genere
🙂
Il tuo post mi sta spaccando in due!
A Settembre ho una relazione a un convegno su SL e PA. Pensa un po’!
Devo ripassare la materia. La sfera sociale/individuale/virtuale e il salto da una dimensione all’altra come in un parallellismo senza barriere percepibili lo devo sedimentre meglio!
Ciao
illuminante 🙂
riflettendo su questo post trovo precise corrispondenze con le mie esperienze recenti e remote…
e mi innesca la stessa domanda che continuo a farmi da tempo: non rischiamo di perderci l'”umanità”?
non è che in questi “portafogli di socialità” l’aspetto umano di ognuno di noi si riduce – consapevolmente – ad automatismi quasi-formali o al più temporaneamente emotivi?
Interessante che tu sia partito da Second Life (tutto giocato, a partire dal nome, sulla separazione virtuale/reale) per arrivare a parlare di “virtualità reale”. Ho la sensazione tuttavia che su una certa fascia di pubblico (in media più anziano e con meno conoscenze informatiche) l’idea della separazione rete/mondo reale sia molto più semplice da comprendere.
Credo sia questa la ragione principale del successo di SL su certe fasce di pubblico.
Peccato che, in realtà, la tendenza sia invece quella all’integrazione.
“Portafogli di socialità” ..semplicemente eccezionale.
Non credi pero’ che il concetto di ‘virtualità reale’ sia piu’ un effetto d’insieme delle applicazioni cosiddette 2.0, piuttosto che di una sola di esse?
Anche se bisogna precisare che molti, ed io tra loro, contestano che SL sia una applicazione di tipo 2.0, ma questa e’ un’altra storia.
ad ogni modo su Second Life ridico la mia: già non ho abbastanza tempo per la prima di vita, figurati per la seconda 🙂
Bel post, interessante il tema e ben scritto il riassunto.
Saluti, Doppiafila
Ottimi spunti!
eheh, per questo dico di tirare fuori la gente dalla rete invece di pensare di mettere la gente dentro “qualcosa”… è il paradigma percettivo che cambia… non lo strumento. E non sono il solo… nei mesi passati ho letto molte persone dire che era importante tirare fuori dalla rete questo o quel tema specifico… che è più o meno la stessa cosa del payoff che ho messo su meganetwork: “Internet Society out of the wireless box”. Pensate se i vostri blog fossero sul vostro router adsl, dentro casa vostra, invece di essere su un server… le persone sarebbero messe nella possibilità concreta di difendere anche con la forza la propria libertà di espressione e episodi come quello di Ricca non succederebbero più perchè credo che, senza l’autorizzazione di un giudice, dentro casa mia non entra nessuno che io non voglia qui.
La virtualità reale è l’anarchia fuzionante vista da un altro punto di osservazione… se ti piace Castells, ti piace anche Barlow 🙂
Gran bel commento ricco di spunti, mi ci ritrovo appieno…
E soprattutto con MFP, totalmente d’accordo: e’ il tipo di liberta’ che ci vuole, a partire dal livello fisico di accesso ( come vi state muovendo con meganetwork mi pare di capire, ma devo approfondire la cosa ), fino al livello applicativo e dei dati.
Il Semantic Web lo farebbe sia a livello dati, che a livello applicativo: promuove la decentralizzazione e l’aggregazione contestuale tipica delle varie nicchie di appartenenza, vedremo…
La chiave di volta adesso, oltre a completare alcune visioni per il grande pubblico, e’ far presa e creare consapevolezza di certi temi anche sul grande pubblico, portare la virtualita’ nel reale…
Tenendo sempre presente che l’umanita’ non va dimenticata, verissimo .)
Matteo, io sto solamente diffondendo degli spunti che possono essere raccolti oppure no. Uno di questi è proprio la questione di spostare il p2p dal livello dei contenuti (es: blog, file sharing, telefonia, etc) a quello fisico (strutturale: cavi e frequenze); felice che tu lo condivida.
Io spero che prima possibile si inizi ad accettare questa possibilità per lo meno per far si che venga sviscerata per bene, perchè le conseguenze non sono così banali e immediate come può sembrare a prima vista. Considera soltanto che con un livello di individualismo elevato come quello descritto da Castells (e che io, per quella che è la mia esperienza personale, confermo) tutto l’associazionismo va a farsi benedire… dallo Stato all’Azienda… associazioni e enti sovranazionali inclusi… non servono più.
La realtà come “sfumata” e l’anarchia come “funzionante” sono concetti che piano piano stanno affiorando sotto spoglie diverse… il p2p… i blog per ultimi… ma anche le reti a maglia… Internet stessa… e l’informal learning… il web semantico… i commons… e i vari esperimenti di democrazia diretta e deliberativa…
Purtroppo anche avendo il router a casa la censura può intervenire lo stesso, anche se è pù difficile.
Ad esempio molti siti di scommesse e casino online, anche grandi e riconosciuti, dall’Italia sono bloccati, anche se raggiungibili cambiando lievemente l’indirizzo.
Rimane però il fatto che il sito di Ricca è visibile sulle varie cache e sui siti che ne hanno riprodotto i contenuti (un’autodifesa della rete stessa).
Questo concetto di reti anarchiche sovranazionali è comunque interessante, vedo in effetti sorgere in rete varie forme di democrazia attiva quali le varie petizioni o la manifestazione di Beppe Grillo che senza la rete sarebbero impossibili.
Non credo però che le comunità più a basso livello (Associazioni, Aziende, ecc.) avranno problemi, anzi rinasceranno come hub dei network personali. Qualche problema in più potrebbe averlo lo stato, visto che i network tenderanno ad essere sempre più sovranazionali.
@Catepol
Grazie! 🙂
@Gigi
infatti, è proprio la mancanza di barriere sostanziali a mio giudizio l’elemento sul quale dovremmo riflettere di più. L’errore, altrimenti, sarà lo stesso che abbiamo fatto qualche anno fa, quando si parlava di “old economy” Vs. “new economy”….
@Luca
Io piuttosto mi chiedo: in cosa consiste – oggi – l’umanità?
@Fabio
peccato? 🙂 discutiamone! 😉
@Markingegno
bhè, il problema della “virtualità reale” va BEN OLTRE second life! è un problema che attien eil nostro modo di relazionarci con i nuovi media!
Peccato non nel senso che io non approvi la prospettiva dell’integrazione (anzi) ma nel senso che l’utenza di sl rischia di continuare a pensare la rete in termini di separazione quando invece dovrebbe fare il contrario.
Salve, ero alla ricerca di una prima soluzione su un mio nuovo progetto tra economia-social network e casualmente ho visto le Tue riflessioni sulla virtualità. Sono rimasto colpito da un elemento: quanto percorso è stato fatto in pochi anni, oggi Manuel Castells i cui testi ho letto nel lontano 2001, rappresentano i “capostipiti”, internet che oramai considerato uno strumento ora è un’ambiente ; le nuove imprese parlano di vantaggio competitivo attraverso la collaborazione di massa; etc. L’utopia di una conciliazione tra reale e virtuale è sempre più vicina, in alcuni casi il “gap” si congiunge, rimane però da chiedersi, se si arriverà ad una prima regolamentazione dei “mondi sintetici”, o si arriverà anche qui ad un’unica forma di economia del governo, il capitalismo delle reti. Grazie scusami della visiva riflessione, cordilamente Ti saluto.
Lanfranco
n.b. se vai su google mi trovi facilmente