Cosa succederebbe se le preferenze su Facebook si trasformassero in voti? In altri termini che scenario si delineerebbe se nelle urne elettorali finissero i “Mi Piace” e le “amicizie virtuali” dei candidati alla carica di Sindaco dei Capoluoghi di Provincia italiani? Probabilmente uno scenario molto diverso da quello che sarà disegnato dall’esito delle amministrative che proprio da oggi vedono coinvolti centinaia di migliaia di cittadini italiani: De Magistris sbanca a Napoli, Fassino vince di tre lunghezze a Torino, Corticelli arriva con fatica al successo seguito dappresso da Bernardini, Zedda vince a Cagliari, Pisapia trionfa a Milano.

I responsi di Facebook hanno qualche validità per predire i reali risultati elettorali? Sicuramente no, ma sono un buon indicatore della capacità dei candidati di “essere” online ed aprirsi al dialogo con gli utenti. Non è un caso che candidati meno noti e meno presenti nei canali di comunicazione tradizionale abbiano su Facebook più sostenitori di nomi blasonati della politica italiana. Oggi l’ago della bilancia – quanto a capacità di influenzare gli esiti elettorali – pende ancora pesantemente verso i media mainstream, ma in un futuro non troppo lontano il ruolo degli strumenti conversazionali è destinato a crescere d’importanza. La rete fornisce gli strumenti per restituire alla politica quella dimensione di dialogo e di confronto che si è inesorabilmente persa con la televisione. Gli elettori pian piano inizieranno a capirlo. E cominceranno a dare un peso sempre maggiore alla disponibilità al dialogo dimostrata dai candidati. Una disponibilità al dialogo che non può  e non deve fermarsi alla richiesta del voto.

Ora si tratta di vedere, nel caso in cui i “vincitori” su Facebook si riveleranno tali anche alle urne, quanto sapranno mantenere questa capacità di dialogo. E qualora la perdessero, sarà bene ricordarsene quando si ricorderanno nuovamente di noi per chiederci il voto. Reale o virtuale che sia.