aleale.jpgSe state leggendo questo post la colpa non è mia. La colpa è di Alessandro Di Cicco. Alessandro Di Cicco è un Amico (di quelli – pochissimi – con la A maiuscola). Alessandro Di Cicco è il mio “socio” (e le virgolette sono quanto mai importanti). Alessandro Di Cicco è uno di quei rari personaggi ai quali basta guardare male un PC per farlo spaventare ed autoconfigurarsi.
Di quelli che per fare un’addizione realizzano una calcolatrice scientifica e per tenere la contabilità fanno un sistema di gestione delle finanze personali da far rabbrividire Microsoft Money. Avete presente quelli che per non dover perdere tempo a capire come funziona un programma se lo riscrivono? Ecco, questo è Alessandro Di Cicco. In sintesi: uno sviluppatore.

Ma non uno sviluppatore “normale”. Uno sviluppatore appassionato. Ed è una differenza fondamentale.

Ritengo infatti che esistano due “categorie” di sviluppatori software. Quelli “normali” e quelli “appassionati”. I primi possono essere dei bravi (magari ottimi) professionisti. I secondi invece sono dei veri e propri artisti. E non uso il termine impropriamente. Intendo dire proprio artisti, come i pittori, gli scultori, i compositori. Solo che invece di usare un pianoforte, usano la tastiera (…quella qwerty).

Per Benedetto Croce l’arte è “intuizione lirica”, in quanto costituita da un’unità indissolubile di contenuto e di forma. Ecco, nelle realizzazioni di alcuni sviluppatori, quelli che oso chiamare artisti, vedo tanto l’intuizione che il lirismo. L’intuizione della soluzione tecnica, ma anche il lirismo della modalità esecutiva, tanto più enfatizzato quanto più nascosto. E non può che essere nascosto il lirismo celato nel codice, e quindi invisibile agli occhi dei profani.

Ma non riesco a spiegarmi diversamente se non con il sentimento la tensione degli Alessandro Di Cicco (promosso a vera e propria categoria filosofica) verso un vero e proprio gusto del bello. Un bello che si esprime con la capacità di vedere nei sorgenti armonia, fluidità, grazia. Un codice fatto male – anche se funzionante – va rifatto. Una funzione inelegante, anche se efficace, va riscritta. È il concetto del “bello in sé”, che li avvicina agli artisti. Un bello comprensibile solo dagli iniziati; quelli che riescono a vivere in un bel codice le stesse sensazioni (le stesse emozioni?) che proverebbero di fronte ad un bel quadro, ad una bella musica, ad un bel balletto.

Ok, potevo scegliere un modo un po’ più diretto per ringraziare Alessandro di avermi messo su il blog… ma tant’è…

(Ale, ho solo questa di foto, se me ne mandi un’altra potrei anche sostituirla 🙂