Nei giorni scorsi ho avuto una sessione d’esami con gli studenti del primo anno (informatica): è stata una buona occasione per riflettere sul livello di competenze informatiche dei nostri giovani. Troppo spesso si dice che il digital divide si sconfiggerà semplicemente con il tempo, quando le nuove generazioni entreranno nel mondo del lavoro.
Bhè, con il permesso degli “autori” (non hanno capito molto della Rete, ma sono simpatici e disponibili) riporto alcune risposte…
- Partiamo con una domanda semplice: Cos’è un ipertesto?
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Passiamo a cose un po’ più tecniche: In cosa consiste il buffering di un video?
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E non poteva mancare: Cos’è un Blog?
…che dire?
(oltre al fatto che le risposte non sono tutte così, ovviamente! 🙂 )
Nota 1: tranquilli, ai malcapitati ho chiesto l’autorizzazione…
Nota 2: …e le voci sono pure leggermente artefatte, così la privacy è garantita…
Nota 3: prima che qualcuno dica che l’Università non funziona: questi sono del primo anno, e non la hanno praticamente ancora vista…
technorati tags: università , buffering, blog, digital divide
Agghiacciante. Io continuo a dire che manca, nelle nuove generazioni, l’interesse e la curiosità per il mondo. In Italia, poi, i media continuano a dipingere la rete in maniera distorta… ed ecco quel che succede. Il video del Grande Fratello.
Stefano, gli esempi che porti rivelano carenze ben più profonde che non la semplice scarsa competenza informatica 🙂
Stefano, questo mi ricorda qualche anno fa quando ho dovuto tenere un corso di informatica di base (Word, Excel e basi di Access) a studenti del primo anno dell’Università a Lugano. Stesse scene ma questa volta sul significato di interlinea, paragrafo, rientri ecc. ecc. E il bello è che i docenti delle altre materie “letterarie” mi dicevano che non erano in pochi a non saper costruire un discorso di senso compiuto da soli. Temo che Gaspar abbia ragione 😉
Allora….
1. Un ipertesto è un testo molto…molto…insomma…molto…no…iper…voglio dire…?
2. Il buffering, ci sono i buffering freddi…in piedi…da non confondere con le tavole calde…
3. Il blog è come il blah, dove si parla e si chiacchiera, no? E li si usa il testo iper, molto tanto.
Quanto ho preso?
Il problema del “discorso di senso compiuto” è la base dalla quale partire per capire il problema.
Una cosa è conoscere un argomento e un’altra è saperne parlare con proprietà di linguaggio.
Mi accorgo frequentando l’università (da studente) che molti miei colleghi non solo non sappiano nulla, ma che di quel nulla neppure sappiano esprimere alcun concetto.
Inoltre non trovo così terribile non sapere qualcosa, la vita è piena di situazioni in cui non si conosce qualcosa o si commettono errori, il problema è saper affrontare le propre carenze sapendole esprimere e cercando un rimedio.
Una mia professoressa ci diceva sempre: “dove non arriva lo studio, arriva il ragionamento”; niente di più vero, ma se poi non si sa parlare un’italiano coerente è davvero molto dura.
Io guardo al lato comico della cosa…dì la verità Stefano, quante risate ti fai agli esami?? Bellissimo 😀
Mitico! Alla prossima sessione registro i miei! 😛
pensavo la situazione fosse cosi’ soprattutto da me a scienze umanistiche… dove a parlare di cose ‘informatiche’ siamo in pochi! e comunque concordo con gaspar, le carenze sono molto piu’ profonde, direi che non riguardano conoscenze o competenze, ma attenzione, curiosita’, e ahime’ anche capacita’ di scrivere e parlare, a volte… per fortuna ci sono parecchie eccezioni! comunque il discorso e’ lungo, e parte ben prima dell’universita’ 😉
Come altri hanno già detto, non è un problema di digital divide ma di (totale assenza di) cultura generale, e (incapacità a) formulare un discorso compiuto. E pochissima voglia di studiare, all’esame si va per prendere 18.
Ricorderò sempre a una sessione di esami di Storia dell’Architettura la scena muta del tizio prima di me quando, esasperata dopo venti minuti di silenzi e farfugliamenti, la prof. gli ha lanciato il classico amo per il 18 con la domanda “mi dica chi è Mies van Der Rohe”. E non era uno studente del primo anno, e purtroppo nemmeno l’unico in quella situazione…
Permettetemi di essere politicamente scorretto: se qualcuno arriva all’università senza riuscire ad articolare un discorso di senso compiuto è evidente che ha sbagliato strada e che lo studio – indipendentemente dalla materia – non è affar suo.
Non ha senso che tutti passino per un’università che non è in grado di filtrare gli analfabeti. Gli studi superiori non dovrebbero essere per tutti: questa finta democrazia della cultura non produce che un livellamento verso il basso della qualità.
Nicola Mattina
ti prego, la prossima volta portami con te!
Concordo con Gaspar…Ricordo i miei dello Stupidario della Maturità; e li rivaluto parecchio. Pensa che oggi mi scrivono maturandi o matricole dicendomi “ma erano severi i prof AI SUOI TEMPI, chiedevano roba difficile”! Il libro è del 1991…:-/
Beh, del resto oramai basta scrivere qualche parola su google per avere la risposta, senza neppure doversi porre il problema di cercare.
Perché imparare le cose o anche apprendere un metodo, basta il motore di ricerca. La soddisfazione cosi facile ammazza la curiosità… Se ne parlava qualche tempo fa sia da me che da Sergio Maistrello.
Non tutto è positivo in questo flusso enorme e continuo di informazione, soprattutto se ci si è nati dentro e non si viene da una società precedente. Questo al di là di quel che dicono i facili profeti del mondo migliore…
Ovviamente qui in Francia le cose non sono troppo diverse… NOn vi dico i visi che mi tocca vedere quando vado da qualche parte a parlare di semiotica dei nuovi media, mescolando teoria linguistica e interfacce, il delirio completo. E parlo di persone che si stanno laureando o dottorando, mica di scugnizzi diciannovenni!!!
Posso venire a fare da assistente? Posso? Posso? Posso? Però qualche domanda me la fai fare, eh?
@Federico Fasce
e temo che il grande fratello non sia il peggio…
@Gaspar
…in effetti…
@Andrea
il problema – il vero problema – è che all’università gli studenti arrivano già rovinati da anni di formazione inconsistente…
@Giorgio
30 e lode.
@Luca
hai centrato il problema.
@Vito
…in effetti…
@Tony
Dai… e poi li mettiamo a confronto…
@Fraktal
come dicevo ad andrea, sono assolutamente d’accordo!
@Ludo
il 18 è un lontano traguardo…
@Nicola
stavolta sono COMPLETAMENTE d’accordo con te!
@Filippo
ah! ORA vuoi venire??
@Placidasignora
pensa tu…
@Simone
La tua riflessione meriterebbe un approfondimento… anzi.. già che ci sono.. me la appunto… ma poi ne parliamo assieme! 😉
@Giorgio
…ihih
Io ho fatto l’insegnante di laboratorio di informatica alle superiori per 4 anni per mantenermi gli studi universitari e ne ho viste di tutti i colori.
Non è che voglio fare il gioco dello scarica barile, ma credo che il mondo universitario sia influenzato negativamente dalla cattiva professionalità degli insegnanti delle materie tecniche delle superiori.
Vi sono insegnanti tecnico-pratici che vanno al lavoro solo ed esclusivamente per prendere lo stipendio e scaricare software da internet per poi dedicarsi nel pomeriggio alle loro vere attività.
I cosiddetti docenti ITP hanno un ruolo fondamentale nell’informatizzazione dei ragazzi in quanto decidono gli argomenti, gli strumenti software da utilizzare e le esperienze da fare ai ragazzi.
I loro mezzi possono influenzare notevolmente le giovani menti creando interesse e passione verso il mezzo informatico.
Io personalmente nell’istituto tecnico dove lavoravo ho seguito un progetto con i miei ragazzi per la creazione del portale della scuola sviluppato in XHTML, CSS validato e ad alta accessibilità (tripla AAA) e testato con browser vocali.
Morale della favola questo progetto non è stato pubblicato ed il sito on-line della scuola è quindi questo…
(il preside è Mario Errico ed il responsabile del bellissimo sito è prof. Zane)
Capisci quello che intendo dire? Se i ragazzi non vengono stimolati fin dall’inizio con persone competenti alla tecnologia e all’informatizzazione i risultati saranno sempre più scadenti.
Per contro gli insegnanti volenterosi e appassionati devono trovare appoggio, altrimenti si stufano e cercano altro, come ho fatto io!
Per concludere una domanda all’attuale Ministro dell’Istruzione:”perchè un laureato in economia può insegnare programmazione in una scuola per periti informatici”
…svecchiamo questa scuola…miglioriamola e certe figure barbine agli esami non si ripeteranno più….forse…:-)
Secondo me, Stefano, tu e i tuoi lettori soffrite di quella che io chiamo “Sindrome di Del Debbio”.
Un podcast non può essere un ritratto di una generazione e né indice del digital divide (che, per inciso, io credo non esista affatto. Se esiste, esiste un social divide).
Vengo da un’esperienza di tre anni di insegnamento (primo anno) con esami, lavori di gruppo, tesi di laurea. Se mi mettessi a fare podcast con le stronzate che sento ogni volta, rideremmo tutti e di gusto.
Ma ha poco senso.
Perchè grazie al cielo ho tanti altri studenti che fanno il loro dovere, che si appassionano e che rendono ben al di sopra delle possibilità.
Come vedi il tuo post, nella maggior parte dei casi, ha provocato la rezione più stupida ammessa ovvero il classico “eh signora mia, i giovani d’oggi…”
Il mio sogno è che un giorno siano gli studenti a mettere online i podcast imbarazzanti dei docenti. Quel giorno sì che riderò di gusto.
EdTV ha in parte ragione: però almeno usare il verbo “cliccare” invece che “fare” sarebbe già una prima cosa.
Di baggianate negli esami,nelle aule universitarie,ma anche nei Bar se ne sentono tante anche da professionisti: se le dovessimo registrare e podcastare ne verrebbero fuori delle belle.
Non so perchè ma il tuo post che credo sia ironico: d’accordo con Nicola Mattina e Ludo il problema è più ampio e non si limita a queste risposte.
“…per fare il sito ci vogliono i tag…”
“…faccio il blog perchè il sito è più difficile…”
Sconcertante!
Nuvoloni grigi si assembrano all’orizzonte sul nostro futuro.
Che dire!Scriviamo un pezzo comico??? 🙂
E’la prima volta che leggo il tuo blog e trovo molto interessante l’attività di laboratorio legata al blog .. complimenti! magari gli studenti imparano qualcosa in +! 🙂
purtroppo ha ragione Gaspar quando all’inizio dei commenti segnala come questi podcast sottolineino una carenza ben più profonda di quella informatica. Se infatti Stefano avesse chiesto al giovane cos’è, cosa significa o più semplicemente da dove e tratta l’idea del Grande Fratello, avrebbe avuto sorprese ancora più amare.
Fantastico, ma mi permetto di essere in disaccordo con Andrea Vit.
Il problema non sono carenze dell’insegnamento alle superiori, ma carenze in tutto il sistema educativo, iniziando dalla base: le elementari.
Fabs
@Fabs
si, è vero… il problema parte dalle scuole elementari..
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