Tanti e spesso contrastanti i pareri su MySpace che hanno affollato i commenti di questo post. Segnale del fatto che l’argomento è di interesse…
Riassumo brevemente i termini della discussione per chi passasse di qui per caso (piuttosto, benvenuti…):
- Il tema: delle tante blogosfere parallele che affollano la rete, MySpace è una di quelle più diffuse, ed ha delle caratteristiche non esattamente “allineate” con quelle che “noi” riteniamo siano le linee guida per l’usabilità, la semplicità di navigazione e di fruizione, l’interattività e chi più ne ha più ne metta (tradotto in altri termini: muovercisi dentro è un delirio).
- La mia valutazione: se MySpace è così sviluppata in una specifica fascia d’utenza (che direi – semplificando in maniera forse eccessiva – essere quella che usa più o meno quotidianamente la rete senza però necessariamente sapere come essa funzioni) il segnale deve essere per noi (che la rete la studiamo) significativo e da analizzare.
Significativo, in quanto sintomo di una evidente tendenza evolutiva di alcuni concetti, e da analizzare, in quanto tale tendenza muta radicalmente alcuni fattori ai quali gli abitanti della “nostra” blogosfera sono abituati.
Questo – in estrema sintesi – il contenuto del mio post. I diversi commenti si sono rivelati, come al solito, spesso più interessanti della mia provocazione originaria…
A Lizzy MySpace proprio non va giù (e come darle torto?), tanto che riprende il discorso anche sul suo blog. In sintesi, sostiene, il sistema funziona perchè è considerato cool. E tutti vogliono coolizzarsi…
Sono molti poi (tra i quali Miranda e Dario) coloro i quali risalgono all’origine “artistica” di MySpace. Personalmente ritengo – pur condividendo parzialmente tale visione – che il ruolo degli artisti sullo sviluppo della community sia ormai marginale. Certo, come fa notare Miranda anche il più insulso dei cabarettisti può – con MySpace – farsi un sito e puntare a crearsi una sua community, ma se non ci fosse la community non ci sarebbero gli artisti!
Miranda definisce MySpace “Un Magico Mondo Incomprensibile“. Questo, penso, sia il vero centro del problema: incomprensibile per chi? Forse per noi, che – come affermano JTheo e Nicola – stiamo diventando vecchi, ma non certo per i milioni di giovani utenti, visto il suo successo. Successo che Alberto fa risalire all’usabilità. Ed ha ragione, costringendoci però ad ammettere che questo concetto, senz’altro soggettivo, sta mutando radicalmente. Un’usabilità che non è la nostra e che – con gli altri concetti che guidano lo sviluppo del sistema di Murdoch – dovremmo imparare a conoscere, come sostiene anche Tommaso. Perchè i teenager di oggi sono gli adulti del futuro…
Per questo motivo mi sento di rispondere con decisione a Luca. Non so se studiare i modelli sui quali si basa myspace ci porterà a qualcosa di buono. Di certo ci porterà nella direzione nella quale stanno andando alcuni concetti che non dobbiamo fare l’errore di ritenere consolidati. E non possiamo quindi esimerci dal farlo…
Per concludere, non posso che citare il commento del Nostro Spirito Critico:
“io ci ho provato a fa il giovane su myspace, ma manco col sostegno in chat di una giovin rapper ci ho capito na mazza. Ti dico solo che mi mandava le stampate delle schermate che avrei dovuto trovarmi davanti, na tristezza che nte dico, manco mio padre o mia madre ho mai trattato come m’ha trattato sta ragazzetta. Però è stato bellissimo diventare amichetto di Tom Waits e di Erika Badu in 5 minuti.
Mia figlia di manco 4 anni intanto già veste le Winx on line usando il mouse; detto ciò, nella speranza di interiorizzare sempre più euristiche (che la vita costa e senza euristiche non vai da nessuna parte), vado a farmi un po’ di first life a casa.”
technorati tags: myspace, usabilità, blogosfera, blog, community
Ottima questione. Se ben ricordo, infatti, sia MySpace che SecondLife (per citare un altro caso famoso) erano considerati spazzatura senza alcuna speranza di successo, o comunque con potenzialità minori dei big dell’epoca. In seguito, invece, sono esplosi e mi ricordo (anche se è pur vero che all’epoca non frequentavo molto blog “tecnici”) di aver saputo del loro successo dai media classici e non da internet.
Il “Web 2.0”, in effetti, è un cambiamento che riguarda gli utenti prima che i servizi, ovvero sono nuovi utenti che hanno sentito la necessità di nuovi servizi e che i vecchi non hanno compreso.
Secondo me questo errore è originato dal fatto che gli analisti erano parte del fenomeno da analizzare, od almeno si consideravano tali, anche per la difficoltà di inquadrare internet (conosci solo te stesso, quindi è impossibile avere una visione di insieme della rete e dunque non puoi sapere quale nodo ad un certo punto diventerà dominante). La soluzione non può che consistere nell’adattare le metodologie di analisi al sistema, perciò all’utenza, da studiare.
ciao stefano, grazie 🙂
usabilità in senso esteso, of course. centrale però è (dico cosa banale) la viralità, il navigare da amico ad amico, etc…
estenderei il ragionamento: secondo me le metodologie di analisi dovrebbero proprio essere centrate sul concetto di “cambiamento”, anziché di “fenomeno”. cioè in un ambiente come myspace (/digg /youtube, etc) per forza si creano dinamiche nuove, specifiche, che ridefiniscono lo “spazio concettuale” per forza di cose
ma scusa, le mie sono solo considerazioni da osservatore, non da studioso 🙂
Ho aperto un account su MySpace, per provarlo, visto che se ne parlava tanto…che casino! Non so proprio come facciamo quelli che lo usano tutti i giorni!
Comunque può essere incasinato quanto vuole, ma conosco tanti gruppi musicali e collaborazioni per mixtape e canzoni che sono nate tramite MySpace, sotto questo punto di vista sembra ottimo…