Da un paio di giorni molti blog parlano di Nabaztag, coniglio elettronico nato da un incrocio tra un bollilatte con le orecchie ed una scheda WiFi e pensato per interagire con il suo “padrone” (ossia l’utente).
Il tecnoconiglio legge la posta ed i feed RSS, fa da segreteria telefonica, muove le orecchie ed altre più o meno utili amenità riassunte nel sito a lui (o ad “esso”) dedicato. Naturalmente, come altri suoi illustri predecessori, attira su di sé commenti positivi e negativi, diventando nel contempo – a seconda dei punti di vista – l’ultima moda per i geek e l’ultima risorsa dei nerd.
Tuttavia, sarebbe forse un errore quello di bollare l’oggetto al più come un semplice giochino per geek con crisi affettive. Ciò che c’è di interessante in Nabaztag, infatti, paradossalmente va ben oltre Nabaztag. Senza arrivare agli eccessi di Stross, in cui gatti meccanici assurgono al ruolo di semidei, l’oggetto è un interessante sintomo di una importante tendenza. Una tendenza che vede l’informatica “uscire” dai PC per entrare nelle cose. Cose che – una volta ibridate con un PC – diverranno cose completamente nuove. Nabaztag non è lontano da ciò che saranno le nostre automobili tra qualche anno. Rientra nello stesso filone di molti altri tentativi, alcuni falliti e qualcuno di successo, di far si che non sia più l’utente a doversi “piegare alle logiche dalla macchina” per usarla, ma siano gli oggetti, forti della “logica informatica” ad essi sottesa, ad interagire dinamicamente con l’utente.
In questo contesto, il computer esce dalle scrivanie sulle quali è stato sinora relegato e si nasconde nelle cose. Conferendo loro la capacità di interagire, tra di loro, con il sistema e con i loro utenti. Mark Weiser parlava di Ubiquitous Computing lanciando i processi di interazione uomo-macchina in una prospettiva nuova e per certi versi inedita. Una prospettiva che parte dal presupposto che il vero progresso non sarà testimoniato dalla nostra capacità di realizzare interfacce sempre più efficaci, quanto piuttosto dalla nostra capacità di far letteralmente scomparire le interfacce annullando così la soglia di stress cognitivo che qualsiasi interfaccia richiede per essere appresa. L’interfaccia migliore, in sostanza, è quella che scompare agli occhi dell’utente rispetto alla funzione per la quale è stata concepita.
L’utilità specifica di Nabaztag potrà pure essere marginale, ma ciò che contribuisce a rappresentare è tutt’altro che da sottovalutare.
technorati tags: Nabaztag, interazione uomo macchina, HCI, ubiquitous computing
Stefano, il punto è che il tecnoleporide non è un gioco (è una manifestazione onanistica, piuttosto) e non è nemmeno nuovo (e l’ho scritto).
Non è nuovo. Lo ripeto.
Diciamo piuttosto che la nostra blogosfera è piuttosto distratta, oppure che è molto attenta solo a emozionarsi “a comando”.
Transeat. Passiamo alla sostanza.
L’informatica (e la rete) si è già spostata da tempo fuori dallo scatolotto dei pc. E’ entrata nella tv, nel telefono, in alcuni casi nei frigoriferi, nei dispositivi mobili per fruire contenuti di vario tipo (si pensa ad Apple ovviamente, ma ricordo a esempio che esiste anche un progetto, in Finlandia mi sembra, per un’AI di p2p di prossimità su player mp3, questo sì interessante davvero).
Insomma, hai ragione, il Nabaztag va oltre al suo aspetto esteriore, ma tutto deve essere sempre commisurato al suo contesto e, in questo caso e in my humble opinion, l’oggetto non è rilevante.
Per la cronaca, conoscevo il coniglietto ma non avevo mai approfondito il tema fino al dettagliatissimo report (più di 10 pagine) che mi ha mandato l’ufficio stampa di Nabaztag.
Per parlarne a ragion veduta mi sono limitato a chiederne uno da provare sul campo, visto che per tante funzioni descritte, a mio avviso, se ne può dare un giudizio dopo averlo visto all’opera.
Sulla carta mi sembra un animale da geek. Sulla carta. L’oggetto è quanto meno originale. Rilevante o non rilevante non sono nelle condizioni per affermarlo.
Gli argomenti di Stefano mi convincono più di quelli di Matteo, seppur Matteo argomenti con cognizione di causa.
Stefano, osservazione pertinente e puntuale, come al solito. Matteo… concordo! 🙂
Spero Stefano perdonerà se questa volta approfitto, non lo faccio mai (ma se non ritieni, ahimé, segami, of course 🙂
Nabaztag, oggetti intelligenti, design
http://www.infoservi.it/dblog/articolo.asp?articolo=148
Presentazione del Nabaztag-tag (cioè il v2)
http://www.infoservi.it/dblog/articolo.asp?articolo=444
E qua, per tutt’altri motivi, ricordavo che Weiser ha fatto la sua proposta nei primi anni ’90
http://www.infoservi.it/dblog/articolo.asp?articolo=282
Scusami, ma soffro di una intricata sindrome da pessimo posizionamento su Google… :)))
sarà…ma quando se ne parlò sui siti americani un po’ di tempo fa nessuno ha dato molto peso al coniglietto geek e ora si scatena la moda, i pro, i contro…
magari è utile magari no
a me sembra solo un gadget…però se avessi letto solo il tuo post e non altro
mi avresti convinto che sotto c’è di più di quello che vediamo e della moda…
il problema è che avendo visto prima dilagare la moda…
di parlarne nei blog a volte solo perchè fa figo parlarne…bah son scettica stefano, perdonami ma son scettica…
certo se me lo regalano mica lo butto
se me lo fanno provare lo provo…
ma altrimenti è solo un gadget…un po’ più geek degli altri
ma gadget resta…
vedo che hai preso alla lettera il mio suggerimento del post precedente. 😉
vedo che hai preso alla lettera il mio suggerimento del post precedente. 😉
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