Gianni Marconato è uno dei pochi ad esser sempre capaci di offrire spunti interessanti anche rispetto ad un tema trito e ritrito come l’e-learning. In questo post, ad esempio, riprende una citazione di Louis Berry nella quale il professore di Pittsburgh afferma che la rappresentazione della conoscenza sul Web è come il formaggio svizzero: ampia, sottile e piena di buchi.
Ciò, secondo Gianni, porta ad una minaccia per abilità cognitive come l’attenzione, la riflessione, la comprensione. Che siano diverse le ricerche che tendono a dimostrare come le strutture ipertestuali tendano ad ingenerare confusione nell’utente non v’è dubbio (Marchionini già nel 1988 parlava di HyperChaos).
Il dubbio, invece, mi viene quando penso al fatto che – riprendendo la metafora di Berry – un chilo di groviera ed un chilo di pecorino hanno evidentemente lo stesso peso, ma il grovierà è più voluminoso, e quindi appare più leggero.
Lasciando da parte le metafore alimentari, cerco di essere più esplicito. Gli studi sui livelli di attenzione e sulle potenzialità del cognitive retraining (inteso non in senso terapeutico, ovviamente) partono da modelli di analisi basati su approcci ed euristiche consolidati, di tipo essenzialmente lineare (come dire che si tratta di chiedere ad un appassionato di pecorino se gli piace il groviera). In uno studio condotto qualche anno fa si è dimostrato come i bambini che imparano a leggere attraverso un sistema ipertestuale acquisiscono da subito capacità di muoversi in tale sistema nettamente superiori alla media dei bambini che hanno seguito percorsi di apprendimento tradizionali. In altri termini, riescono a fruire di un sistema in cui la conoscenza è presentata in modo diverso con un rapporto efficienza/efficacia migliore.
Il punto, quindi, non è tanto se il web sia adatto o meno a rappresentare la conoscenza, quanto piuttosto se il nostro modo di rappresentarla (e quindi di fruirne) sia adeguato o meno ad una struttura come il Web. Non si sta qui teorizzando il primato dello strumento sull’essere umano, ma va dato atto al fatto che – disponendo di un sistema di rappresentazione della conocenza di tipo indubbiamente nuovo – sia necessario comprenderne le logiche per sfruttarlo al meglio.
Con il Web, e più in generale con le strutture ipermediali, cambia la struttura intrinseca di rappresentazione della conoscenza e ciò non può non entrare in relazione con la nostra capacità di fruirne.
Il vostro parere, ovviamente, è sempre il benvenuto…
technorati tags: conoscenza, Knowledge Management, ipertesti, web, hyperchaos
E’ come la vecchia storiella di colui che chiese al genio di dargli tutta la conoscenza del mondo:la ricevette, ma il genio non gli diede la coscienza della conoscenza e il tapino non potè farsene nulla di tutto ciò che ricevette.
Ovvero, non bisogna possederla quantitativamente, ma qualitativamente.
Poterla maneggiare, non basta possederla.
Stefano sarei di parte e provinciale.
Gianni lo stimo ed è compaesano nonchè della congrega come diciamo noi 🙂
Purtroppo la ampia di sponibilità di mezzi e contenuti porta a riflessioni sulle modalità, sugli approcci, sulle didattiche (e non è il mio pane questo, sono più tecnocrate).
Ma vabbè, a forza di destrutturate e di perderci nella serendipity quotidiana anche con l’elearning, forse faremo una strambata.
Non so se sarà penna, calamaio e lezione frontale. Forse fra qualche anno, tutto questo riflettere, sarà solo accademia.
Credo che il futuro della formazione a distanza, dei nuovi modelli didattici e dei modelli di autoapprendimento debbano comunque passare dall’evoluzione del ruolo del docente/formatore (sia in aula, sia come progettista di contenuti formativi da fruire in rete). Il docente oggi non è più detentore della conoscenza, ma un abilitatore. Per questo i modelli di formazione devono cambiare conseguentemente.
Caro Stefano,
Le situazioni di apprendimento che la formazione aziendale [e scolastica?] efficace ha per obiettivo devono consentire al “discente” di:
– giocare un ruolo attivo,
– liberare una quota maggiore del suo potenziale,
– ricavare una maggiore soddisfazione personale,
– socializzare sui percorsi collettivi per raggiungere la conoscenza.
Forse le potenzialità di SL sono attualmente più in qs ambito, per estare al tema del web e conoscenza.
Un abbraccio.
Pier Luca Santoro
Il passaggio dalla conoscenza veicolata oralmente a quella trasferita mediante la scrittura deve aver provocato dibattiti analoghi. Magari in una cerchia molto più ristretta…
Il racconto orale, spesso non lineare, liquido, multidimensionale, pieno di sfumature, di incisi, di parentesi aperte e spesso non richiuse è una forma di comunicazione che si avvicina all’ipertesto più di quanto faccia la scrittura, per sua natura sequenziale e monodimensionale.
Direi che il Web fonde la ricchezza e la “personalità” dell’esposizione orale con la concretezza e la persistenza della scrittura.
Probabilmente dovremmo aspettare almeno la generazione ora bambina per immaginare nuove ed innovative forme di trasmissione di conoscenza ed informazione che utilizzino il modello reticolare ed interattivo del Web.
si si si, esatto! “il nostro modo di rappresentarla” è prettamente aristotelico… occorre invece qualcosa di più relativistico; una logica diversa. Einstein lo diceva già nel 1946 e Nash non è diventato schizofrenico per caso…