Stefano Quintarelli, sempre attento osservatore dei fatti della rete, rilancia il tema della Net Neutrality scatenando una interessante discussione. Discussione nella quale, però, temo ci sia un difetto di fondo: siamo tutti d’accordo. E naturalmente mi metto nel “siamo”. La Net Neutrality è una bella cosa, è giusta, è sacrosanta. In effetti chi potrebbe dire diversamente? Ma il rischio, quando si avviano discussioni in questo modo, è che si perdano di vista alcuni termini del problema. Dare per scontate le cose, in particolare, è quantomai rischioso, e non aiuta a ragionare. Ora, fermo restando il fatto che sono personalmente convinto che la neutralità della rete vada tutelata (come ho già scritto in altre occasioni), penso sia comunque opportuno porsi una domanda che magari apparirà impopolare:

Esiste un principio “a priori” per il quale la net neutrality debba essere garantita?

Dal punto dei vista dei carrier, no. Dal punto di vista dei fornitori di contenuti, forse. Dal punto di vista degli utenti: si (ma con riserva).

  • Il no dei carrier dipende dal fatto che essi hanno tutto l’interesse a creare dei “wallet garden” sullo stile delle Pay-TV (d’altro canto è una logica che capiscono e comprendono. Poco importa che internet sia un’altra cosa. Non lo capiscono e non lo capiranno mai). Non a caso sono i carrier i maggiori antagonisti della net neutrality;
  • Il forse dei fornitori di contenuti dipende dal fatto che in un contesto in cui la net neutrality non venisse garantita i grandi fornitori di contenuti – o in altri termini quelli che finirebbero nei wallet garden – sarebbero favoriti. Non a caso tra gli antagonisti della net neutrality ci sono anche i grandi fornitori di contenuti;
  • il si degli utenti è intuitivo. E non a caso i grandi sostenitori della net neutrality sono proprio gli utenti.

Un po’ meno immediata è la postilla “con riserva” attribuita agli utenti. Ormai lo abbiamo dimenticato, ma alcuni principi della net diversity erano un tempo tacitamente accettati. I sostenitori della Net Neutrality (noi) temono – tra le altre cose – il rischio di una internet a due velocità. Un esempio? Semplice: “chi paga di più ha diritto ad un accesso veloce, chi paga di meno deve essere disposto ad aspettare per ricevere le informazioni“. Il che vuol dire discriminare l’accesso all’informazione in funzione della capacità d’acquisto dell’utente che deve fruirne. Ma è ciò che di fatto in rete si fa da sempre. Paghi un accesso di qualità? Hai la banda garantita. Vuoi un acconto free? condividi la banda con altri 200 utenti. Non fa una piega. Di ciò non se ne parla (quasi) più perchè di fatto la banda nelle reti wired è una risorsa praticamente in eccesso. Non a caso il tema è tornato caldo con il caso di Vodafone, che basandosi su una rete wireless nella sostanza gestisce una risorsa limitata. Vodafone a questo aggiunge una informazione ingannevole (ed a mio giudizio vagamente truffaldina), parlando di tariffa flat quando la tariffa flat non lo è affatto.

Ma nella sostanza non è così scontato il fatto che Vodafone non debba poter creare un’offerta con tariffe aggressive valorizzando contenuti selezionati in funzione di un accordo commerciale con un suo partner. Perchè non dovrebbe farlo? sarà il mercato – in fondo – a determinare il successo o il fallimento dell’iniziativa. A tal proposito apro un’altra piccola parentesi: un conto è discriminare la fonte del traffico ed in funzione di ciò tariffarlo, altro conto è discriminare il traffico in base alla sua natura.

Ma il mercato a volte è ingiusto, e potrebbe portare in una direzione lontana dalla Net Neutrality.

E quindi torniamo a bomba: il punto non è se la net neutrality sia economicamente conveniente o meno (in tal caso, dipende dai punti di vista). Il punto non è se con i nuovi modelli di business, con l’economia dell’abbondanza, con le nuove modalità di veicolare informazione la Net Neutrality convenga o no.

Il punto è se debba essere considerata o meno un valore universale. Se la risposta è si, allora il problema è politico, se la risposta è no il problema è economico. Il resto, rischia di essere tempo perso, per come la vedo io…

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