Un amico mi ha chiesto un intervento da pubblicare su un mensile, tema: la comunicazione politica. Sarà che son reduce dell’elaborazione di una ricerca i cui risultati sono …diciamo così… strazianti, ma questa è (l’amara) considerazione – o meglio, lo stralcio saliente che riporto qui – che ho partorito.
Quelle dei politici in tema di comunicazione sono spesso scelte di opportunità pesate sul breve o sul medio periodo, mentre la rete – essendo basata sulla costruzione di una “relazione” – è per definizione orientata a rapporti di più lungo respiro. Oltretutto, costruire una relazione implica tempo, impegno, disponibilità al dialogo ed all’autocritica. Non è un caso, quindi, che non sempre i social media rientrino nelle scelte di comunicazione dei politici. È da notare, infatti, che se sino a poco tempo fa l’assenza dei politici dalle piazze virtuali era da ricondurre prevalentemente al fatto che essi, semplicemente, ne ignorassero l’esistenza, oggi è spesso il risultato di una valutazione d’opportunità ben precisa: essere on-line spinge al dialogo, il dialogo spinge al confronto, il confronto consente la critica, la critica può generare difficoltà. Meglio rifiutare il dialogo. D’altro canto, il nostro sistema elettorale fa si che Deputati e Senatori non debbano rendere conto al cittadino, ma a logiche interne di partito. Il cittadino non è più – quindi – il loro referente ed il loro interlocutore principale, ma qualcosa di più vicino ad un “incidente di percorso” del quale tener conto. Magari il meno possibile.
Con il mio gruppo di ricerca abbiano analizzato le attività di comunicazione on-line di tutti i parlamentari, e di moltissimi politici locali. Non è un caso che le dinamiche di comunicazione cambino radicalmente in funzione del fatto che il politico risponda direttamente al suo elettorato o meno.
A ciò si aggiunge il fatto che l’idea in base alla quale Obama abbia vinto le elezioni grazie ad Internet è finalmente e fortunatamente passata di moda ed abbondantemente ridimensionata. Internet non sposta voti con la forza della televisione, ma è estremamente efficace per consolidare consenso e smuovere gli indecisi. Certo, un ruolo più difficile e meno attraente. Anche se forse più importante.
Ecco quindi che essere on-line, per un politico, prima che essere una scelta di opportunità sempre più si avvicina ad essere una scelta di principio. E proprio per questo ancor più degna di nota. Esserci – ed esserci bene – è segnale della disponibilità al confronto, all’autocritica, alla necessità di rendere conto al proprio elettorato. è il segnale dell’importanza del ruolo rivestito – per il politico – dal suo principale interlocutore: il cittadino. È una scelta etica, prima che politica.
Io credo si debba partire sempre dal concetto principale che è migliore una NON comunicazione che una CATTIVA comunicazione.
Una volta approdato online, magari su uno dei social network più diffusi, il soggetto politico si trasforma in oggetto sociale. Dovrebbe rispondere alle domande più disparate, agli interrogativi inerenti la propria attività politica, e sarebbe chiamato (cosa da non trascurare) a dare il proprio parere su argomenti altri, di ordine quotidiano (che potrebbero riguardare qualche palese errore del proprio partito). Ne verrebbe fuori l’ UOMO con tutti i propri vizi e le proprie virtù. Il soggetto politico, quando approccia a un social, è accompagnato già dalla sua reputazione (esclusivamente basata sui FATTI che hanno caratterizzato la sua carriera e non solo, anche quella del partito). Quanti uomini politici sarebbero pronti a mettere in gioco la propria reputazione su un social? Un politico su un social network potrebbe diventare in brevissimo tempo un uomo eticamente piccolo piccolo (sto pensando al caso Marrazzo, ma ve ne potrei citare a decine). Viceversa, però, io sono convinto che dal social possa trasformarsi un UOMO in un politico. Il social è l’arma per gli UOMINI onesti. Dobbiamo chiederci quanto sia onesta ai giorni nostri la materia “politica”.
Mi sovviene, infine, un post che scrissi 3 anni fa che credo sia perfettamente in argomento, relativo al caso dell’ onorevole Mele scovato in festini a luci rosse e coca (sembra quasi noioso ormai l’argomento). Questo è il link http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.view&friendId=208159056&blogId=293550723
eppure dovrebbe essere una discriminante ben precisa per essere eletti.
oggi manca il completo controllo dei governati nei confronti dei governanti.
però… oggi abbiamo la possibilità attraverso la tecnologia dei nuovi mezzi di comunicazione, internet, di ribaltare il sistema attualmente dominante e cominciare ad effettuare il controllo degli eletti giorno per giorno, decisione per decisione.
certo il cammino è appena agli inizi ma è l’obbiettivo minimo del popolo web.
Se è vero che stiamo vivendo nella società dell’informazione (digitale), e che ormai tutti i settori debbono ripensare i meccanismi di relazione e collaborazione, anche la politica dovrebbe appropriarsi degli strumenti di dialogo più attuali, e non limitarsi ad un loro uso modesto e speculativo (in vista delle elezioni, o per diffondere attacchi ecumenici).
Gli stessi politici dovrebbero conoscere il significato della trasparenza, ed i vantaggi conseguenti ad un programma di dialogo con la cittadinanza che, grazie proprio alle nuove ICT può partecipare attivamente.
L’assenza di prassi comunicative on line denota un’incuria “dolosa” e non una trascuratezza: non una mancanza etica, ma principalmente una mancanza di trasparenza, perchè l’on line avvicina.
Ottime considerazioni.
Intanto, e solo perchè esplicitamente richiamante questo post del prof. Epifani, mi permetto di reindirizzare tutti anche al mio post (nonchè primo commento che vedete su), in quanto pare stia prendendo una interessante via verso un’ottima discussione.
http://www.lucacarbonelli.com/2010/08/potremmo-chiamarlo-political-marketing.html?showComment=1281021197456