In questi giorni sono in Colombia ospite dell’Università EAFIT, per la quale sto tenendo una serie di seminari (oggi si parla di giornalismo, politica e Web 2.0). Paese affascinante del quale tornerò a parlare in seguito e che si sta rivelando una autentica scoperta sotto diversi aspetti. Uno in particolare mi ha colpito profondamente, inducendomi a riflettere sulla mia visione del business, notoriamente abbastanza cinica (il che vuol dire realista). Visitando le aziende locali per conoscerne la realtà ieri sono stato presso una coperativa di lavoro che produce underwear. Quasi settecento persone impegnate su tre stabilimenti. Una struttura d’eccellenza quanto a organizzazione del lavoro e dei processi. Ma sopratutto – ed è per questo che ne sto scrivendo – una struttura che ha avuto il potere di farmi cambiare idea sul tema della CSR, la Responsabilità Sociale d’Impresa. Forte dell’esperienza avuta nelle tante grandi aziende visitate per motivi professionali – per le quali la CSR è una specie di carità pelosa, buona per redigere il bilancio sociale e da liquidare nel modo più indolore possibile perchè, tutto sommato, chissenefrega – la mia opinione sul tema non è mai stata delle più alte. Eppure, per la gioia del mio caro tesista Daniele Righi, ho cambiato idea. Ho cambiato idea dopo aver visto lo spirito che anima i lavoratori – tutti davvero proprietari della cooperativa, e non soltanto sulla carta. Ho cambiato idea dopo aver visto la scuola di musica per i bambini del paese, ho cambiato idea dopo aver visto il programma della cooperativa per la costruzione delle abitazioni dei dipendenti, ho cambiato idea dopo aver parlato con il gerente, i sentimenti del quale nei confronti della creatura che amministra sono evidentemente più quelli del padre che non quelli del padrone. Ho cambiato idea quando mi sono reso conto che della responsabilità sociale d’impresa non bisogna parlarne perchè se ne parla sin troppo, bisogna sentirla e bisogna farla. Ho cambiato idea quando, parlando con i manager, mi son reso conto che del termine CSR non hanno mai sentito parlare e che quello che fanno lo fanno perchè è giusto così, e non conoscerebbero altro modo per farlo. Ho cambiato idea. E mi sono reso conto che un diverso modello di sviluppo è possibile.
Bellissimo post, vibra del vissuto narrato.
E’ davvero un peccato non poter essere lì ad osservare con i miei occhi.
La CSR, se intesa nel modo descritto, non è l’esercizio di stile di un manipolo di visionari, le “crepe” in alcune best practices non sono sufficienti a confutare quella che Simon Zadek chiama la “beta version” dell’impresa del futuro.
Definirei inoltre entusiasmante il comportamento della cooperativa citata.
Quando una realtà imprenditoriale dimostra di agire effettivamente nell’interesse delle parti a vario titolo coinvolte nel ed esposte al proprio business, l’espressione “CSR” perde drammaticamente di spessore e significato.
A riguardo la sua frase è emblematica:
“Ho cambiato idea quando, parlando con i manager, mi son reso conto che del termine CSR non hanno mai sentito parlare e che quello che fanno lo fanno perchè è giusto così, e non conoscerebbero altro modo per farlo.”
L’attenzione andrebbe spostata, a mio giudizio, sulla gestione strategica del network relazionale dell’impresa, optando per un approccio più organico non imperniato su iniziative isolate, in molti casi slegate dalla strategia aziendale complessiva.
Ha colto nel segno Professore 🙂
P.s il link “CSR” non conduce alla meta 😉