Il titolo del pezzo è di Alessandro Gilioli, il resto è mio. E’ il testo del mio ultimo contributo per la rubrica Non Solo Cyber dell’Espresso, per la quale ogni tanto ho il piacere di scrivere. Il tema di questa puntata non poteva che essere il Manifesto per l’Open Government. Buona lettura!

In Italia se ne parla ancora poco, negli Stati Uniti invece è considerata una delle priorità dall’amministrazione Obama: è il cosidddetto Open Government, cioè l’obbligo per ogni potere (statale o locale) ad agire secondo criteri di trasparenza, partecipazione e collaborazione con i cittadini da attuare attraverso Internet.

Open Gov – “governo aperto”, appunto – vuol dire infatti garantire la partecipazione di tutti a tutte le scelte che riguardano la vita pubblica, grazie alla Rete e attraverso la condivisione dei dati e delle informazioni.

Agli Stati Uniti d’America si sono accodati di recente altri Paesi come il Canada, l’Australia, la Gran Bretagna e la Finlandia.

In Italia, appunto, siamo solo agli inizi: paghiamo lo scotto di una burocrazia statale storicamente poco incline ai cambiamenti e di una politica che teme la disintermediazione nei rapporti con i cittadini.

Ma anche da noi si comincia a fare qualcosa. Per favorire questo percorso un gruppo di docenti e di esperti della Rete ha appena lanciato l’idea di realizzare il Manifesto italiano per l’OpenGov.

L’obiettivo è suggerire alla Pubblica Amministrazione la strada da imboccare per diventare più trasparente e – in ultima analisi – più efficiente. Ma si tratta anche di un cambio culturale, che rovescia la visione novecentesca dello Stato, ponendo al centro il cittadino e non le procedure burocratiche.

La stesura del Manifesto è collaborativa: tutti possono fornire il loro contributo semplicemente collegandosi all’indirizzo www.datagov.it